Art. 189 – Rapporti di lavoro subordinato

Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza
Decreto Legislativo12/01/2019 n. 14Fonte: GU n.38 del 14-2-2019

1. L’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro non costituisce motivo di licenziamento. I rapporti di lavoro subordinato in atto alla data della sentenza dichiarativa restano sospesi fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, comunica ai lavoratori di subentrarvi, assumendo i relativi obblighi, ovvero il recesso.

2. Il recesso del curatore dai rapporti di lavoro subordinato sospesi ai sensi del comma 1 ha effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale. Il subentro del curatore nei rapporti di lavoro subordinato sospesi decorre dalla comunicazione dal medesimo effettuata ai lavoratori. Il curatore trasmette all’Ispettorato territoriale del lavoro del luogo ove è stata aperta la liquidazione giudiziale, entro trenta giorni dalla nomina, l’elenco dei dipendenti dell’impresa in forza al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale stessa. Su istanza del curatore il termine può essere prorogato dal giudice delegato di ulteriori trenta giorni, quando l’impresa occupa più di cinquanta dipendenti.

3. Qualora non sia possibile la continuazione o il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo o comunque sussistano manifeste ragioni economiche inerenti l’assetto dell’organizzazione del lavoro, il curatore procede senza indugio al recesso dai relativi rapporti di lavoro subordinato. Il curatore comunica la risoluzione per iscritto. In ogni caso, salvo quanto disposto dal comma 4, decorso il termine di quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale senza che il curatore abbia comunicato il subentro, i rapporti di lavoro subordinato che non siano già cessati si intendono risolti di diritto con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale, salvo quanto previsto dai commi 4 e 6.

4. Il curatore o il direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro del luogo ove è stata aperta la liquidazione giudiziale, qualora ritengano sussistenti possibilità di ripresa o trasferimento a terzi dell’azienda o di un suo ramo, possono chiedere al giudice delegato, con istanza da depositarsi presso la cancelleria del tribunale, a pena di inammissibilità, almeno quindici giorni prima della scadenza del termine di cui al comma 3, una proroga del medesimo termine. Analoga istanza può in ogni caso essere presentata, personalmente o a mezzo di difensore munito di procura dallo stesso autenticata, anche dai singoli lavoratori, ma in tal caso la proroga ha effetto solo nei confronti dei lavoratori istanti; l’istanza del lavoratore deve contenere, sempre a pena di inammissibilità, elezione di domicilio o indicazione di indirizzo PEC ove ricevere le comunicazioni. Il giudice delegato, qualora il curatore entro il termine di cui al comma 3 non abbia proceduto al subentro o al recesso, entro trenta giorni dal deposito dell’istanza ovvero, in caso di più istanze, dal deposito dell’ultima di queste, può assegnare al curatore un termine non superiore a otto mesi per assumere le determinazioni di cui al comma 1. Il giudice delegato tiene conto, nello stabilire la misura del termine, delle prospettive di ripresa delle attività o di trasferimento dell’azienda. Il termine cosi’ concesso decorre dalla data di deposito in cancelleria del provvedimento del giudice delegato, che è immediatamente comunicato al curatore e agli eventuali altri istanti. Qualora nel termine cosi’ prorogato il curatore non procede al subentro o al recesso, i rapporti di lavoro subordinato che non siano già cessati, si intendono risolti di diritto, salvo quanto previsto al comma 6, con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale. In tale ipotesi, a favore di ciascun lavoratore nei cui confronti è stata disposta la proroga, è riconosciuta un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a otto mensilità, che è ammessa al passivo come credito successivo all’apertura della liquidazione giudiziale.

5. Trascorsi quattro mesi dall’apertura della liquidazione giudiziale, le eventuali dimissioni del lavoratore si intendono rassegnate per giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile con effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.

6. Nel caso in cui il curatore intenda procedere a licenziamento collettivo secondo le previsioni di cui agli articoli 4, comma 1 e 24, comma 1, della legge 23 luglio 1991 n. 223, trovano applicazione, in deroga a quanto previsto dall’articolo 4, commi da 2 a 8, della stessa legge, le seguenti disposizioni:

a) il curatore che intende avviare la procedura di licenziamento collettivo è tenuto a darne comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, ovvero alle rappresentanze sindacali unitarie nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale; la comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa aderisce o conferisce mandato. La comunicazione è trasmessa altresì all’Ispettorato territoriale del lavoro del luogo ove i lavoratori interessati prestano in prevalenza la propria attività e, comunque, all’Ispettorato territoriale del lavoro del luogo ove è stata aperta la liquidazione giudiziale;

b) la comunicazione di cui alla lettera a) deve contenere sintetica indicazione: dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, il licenziamento collettivo; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione del programma di riduzione del personale; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo e del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva;

c) entro sette giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui alla lettera a), le rappresentanze sindacali aziendali ovvero le rappresentanze sindacali unitarie e le rispettive associazioni formulano per iscritto al curatore istanza per esame congiunto; l’esame congiunto può essere convocato anche dall’Ispettorato territoriale del lavoro, nel solo caso in cui l’avvio della procedura di licenziamento collettivo non sia stato determinato dalla cessazione dell’attività dell’azienda o di un suo ramo. Qualora nel predetto termine di sette giorni non sia pervenuta alcuna istanza di esame congiunto o lo stesso, nei casi in cui è previsto, non sia stato fissato dall’Ispettorato territoriale del lavoro in data compresa entro i quaranta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui alla lettera a), la procedura si intende esaurita.

d) l’esame congiunto, cui può partecipare il direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro o funzionario da questi delegato, ha lo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e le possibilità di utilizzazione diversa di tale personale, o di una sua parte, nell’ambito della stessa impresa, anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro. Qualora non sia possibile evitare la riduzione di personale, è esaminata la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento intese, in particolare, a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. I rappresentanti sindacali dei lavoratori possono farsi assistere, ove lo ritengano opportuno, da esperti;

e) la procedura disciplinata dal presente comma si applica, ricorrendo le condizioni di cui all’articolo 24, comma 1, legge 23 luglio 1991, n. 223, anche quando si intenda procedere al licenziamento di uno o più dirigenti, in tal caso svolgendosi l’esame congiunto in apposito incontro;

f) la consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo sindacale, salvo che il giudice delegato, per giusti motivi ne autorizzi la proroga, prima della sua scadenza, per un termine non superiore a dieci giorni;

g) raggiunto l’accordo sindacale o comunque esaurita la procedura di cui alle lettere precedenti, il curatore provvede ad ogni atto conseguente ai sensi dell’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223.

7. In ogni caso, le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano nelle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese.

8. In caso di recesso del curatore, di licenziamento, dimissioni o risoluzione di diritto secondo le previsioni del presente articolo, spetta al lavoratore con rapporto a tempo indeterminato l’indennità di mancato preavviso che, ai fini dell’ammissione al passivo, è considerata, unitamente al trattamento di fine rapporto, come credito anteriore all’apertura della liquidazione giudiziale. Parimenti, nei casi di cessazione dei rapporti secondo le previsioni del presente articolo, il contributo previsto dall’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92, che è dovuto anche in caso di risoluzione di diritto, è ammesso al passivo come credito anteriore all’apertura della liquidazione giudiziale.

9. Durante l’esercizio dell’impresa del debitore in liquidazione giudiziale da parte del curatore i rapporti di lavoro subordinato in essere proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderli o esercitare la facoltà di recesso ai sensi della disciplina lavoristica vigente. Si applicano i commi da 2 a 6 e 8 del presente articolo.

Relazione Illustrativa Art. 189
La disposizione attua l’articolo 7, comma 7, della legge delega ed è volta ad assicurare l’applicazione, in occasione delle decisioni del curatore al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale, dei principi di fondo dell’ordinamento lavoristico. La legge delega richiede infatti che la normativa, in ambito di liquidazione giudiziale, sia “coordinata con la legislazione vigente in materia di diritto del lavoro, per quanto concerne il licenziamento” (art. 7, comma 7). I principi indicati sono anche espressi dall’art. 24 della Carta Sociale Europea (richiamato anche dall’art. 2, lett. p, della legge delega) oltre che dall’art. 30 della c.d. Carta di Nizza. Muovendo dall’ormai condiviso principio secondo cui la liquidazione giudiziale, nei casi diversi dall’esercizio dell’impresa da parte del curatore, comporta la sospensione dei rapporti di lavoro in attesa delle decisioni del curatore, le regole generali di recesso sono state mantenute con una semplificazione per la procedura di licenziamento collettivo, tenuto conto che in molti casi la necessità di dismettere il personale dovrebbe essere pressoché scontata per il venire meno dell’azienda. Al recesso da parte del curatore, che deve essere comunicato per iscritto, consegue, come negli altri casi di scioglimento del rapporto, il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso, ammessa al passivo come credito anteriore all’apertura della liquidazione. La disciplina si applica anche a rapporti diversi da quello a tempo indeterminato. Per rendere la procedura celere e a definizione certa si è anche previsto che, se entro quattro mesi il curatore non abbia comunicato il subentro nei rapporti di lavoro, essi si intendono risolti alla data di apertura della liquidazione giudiziale. Al tempo stesso, per incentivare la salvaguardia dei livelli occupazionali, è previsto che, nei casi in cui sia ipotizzabile la ripresa dell’attività o il trasferimento a terzi dell’azienda, il giudice delegato, anche su istanza di singoli lavoratori, può accordare una proroga del medesimo termine. Se l’istanza proviene dai singoli lavoratori la proroga ha effetto solo nei confronti dei lavoratori istanti. Qualora nel termine così prorogato il curatore non proceda al subentro o al recesso, i rapporti di lavoro subordinato che non siano già cessati, si intendono risolti di diritto. In tale ipotesi, a favore di ciascun lavoratore nei cui confronti è stata disposta la proroga e che, per tutto il periodo, è rimasto a disposizione del curatore (nella prospettiva di una possibile ripresa dell’attività), è riconosciuta un’indennità che è ammessa al passivo come credito prededucibile. Nulla si è precisato rispetto ai recessi successivi al subentro del curatore nei contratti di lavoro, essendo evidente in tal caso la necessità di applicare il regime ordinario dei licenziamenti. Analogamente non si sono regolate le conseguenze di tali recessi che risultassero illegittimi, rimesse alla disciplina ordinaria. Il comma 5 regola equipara le eventuali dimissioni del lavoratore dopo il periodo di trattamento di NaspiLG di cui all’articolo 190, o comunque trascorsi quattro mesi dall’apertura della liquidazione giudiziale, al recesso per giusta causa ex art. 2119 c.c. Il comma 6 richiama le prescrizioni dell’art. 4, comma 1, e 24, comma 1, della legge 23 luglio 1991 n. 223, indicando talune deroghe all’art. 4 commi da 2 a 8, di natura non sostanziale, rese necessarie per adeguare le disposizioni alla peculiare fattispecie di licenziamento conseguente ad una liquidazione giudiziale dell’impresa. Ulteriori disposizioni disciplinano l’indennità sostitutiva del preavviso, il trattamento di fine rapporto e il c.d. contributo Naspi, che, ai fini dell’ammissione al passivo, sono considerati come crediti anteriori all’apertura della liquidazione giudiziale. Naturalmente, durante l’esercizio dell’impresa del debitore in liquidazione giudiziale da parte del curatore i rapporti di lavoro subordinato in essere proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderli o esercitare la facoltà di recesso ai sensi della disciplina lavoristica vigente. Relazione illustrativa al Codice della crisi e dell'insolvenza

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