Sui limitati margini di ammissibilità della domanda di insinuazione al passivo cartacea

Giurisprudenza | Categorie: ammissione allo stato passivo, Verifica del passivo | Cassazione civile - Sez. I, 12/11/2019 n. 29258

Massima

Nelle procedure fallimentari pendenti nelle quali, al 19 dicembre 2012 (data di entrata in vigore della L. n. 221, del 17 dicembre 2012), non sia stato ancora effettuato l’avviso da parte del curatore ex art. 92 l.fall., il creditore è tenuto, ai sensi dell’art. 93, comma 2 l.fall., a trasmettere il ricorso contenente la domanda di ammissione al passivo, all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore, che deve essere indicato nel predetto avviso (ex art. 92, comma 1, n. 4) l.fall.).

Diversamente, nelle procedure pendenti ove, alla data del 19 dicembre 2012, la comunicazione sia già stata effettuata secondo le modalità anteriormente vigenti, il curatore ha l’obbligo di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (con apposito avviso da inviare a creditori e terzi interessati) entro il 30 giugno 2013.

Il curatore deve inoltre invitare i creditori a comunicare il loro indirizzo p.e.c. entro i tre mesi successivi (ai sensi dell’art. 17, L. n. 221 del 2012, art. 17). In caso di omessa trasmissione dell’indirizzo p.e.c. da parte dei creditori, le successive comunicazioni si perfezioneranno mediante deposito in cancelleria (ex art. 31-bis, comma 2 l.fall.). Inoltre, a partire dal 31 ottobre 2013, i creditori e terzi interessati sono tenuti a trasmettere il ricorso contenente l’eventuale domanda tardiva ex art. 101 l.fall., all’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato dal curatore.

In entrambi i casi, il mancato rispetto della forma telematica di trasmissione del ricorso determina l’improcedibilità dello stesso, fatti salvi gli effetti della sanatoria dell’atto per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, comma 3 c.p.c., qualora la domanda sia comunque pervenuta al curatore e sia stata inserita nel progetto di stato passivo.

Qualora il curatore non rispetti l’obbligo di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, la domanda depositata dal creditore in cancelleria, non può essere dichiarata irricevibile, salvo che la parte interessata non dimostri la conoscenza (o conoscibilità) dell’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore, che abbia comunicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata al Registro delle Imprese.

(massima a cura della Redazione Crisi&insolvenza)

In sintesi

Nel caso in esame un soggetto creditore della società fallita proponeva domanda di insinuazione allo stato passivo.

La domanda veniva inserita nel progetto di stato passivo dai curatori con proposta di ammissione.

Il giudice delegato, tuttavia, dichiarava inammissibile la domanda di insinuazione al passivo in quanto irritualmente proposta (mediante deposito cartaceo in cancelleria e non mediante p.e.c. trasmessa alla procedura fallimentare).

Per parte loro, i curatori non risultavano aver ottemperato all’obbligo di comunicazione al creditore del proprio indirizzo p.e.c., (come previsto dall’art. 17 della L. n. 221 del 2012, recepito anche nella disposizione riguardante l’avviso del curatore di cui all’art. 92 l.fall.).

Conseguentemente il creditore escluso proponeva opposizione allo stato passivo del Fallimento P. S.r.l., opposizione che veniva tuttavia rigettata dal Tribunale.

Tale provvedimento veniva impugnato mediante ricorso per Cassazione.

Il giudice di Legittimità accoglieva il ricorso cassando il decreto impugnato e rinviando la causa al Tribunale per il riesame.

La nuova normativa in materia di processo telematico

Per meglio comprendere i principi enunciati dalla Corte di Cassazione pare opportuno svolgere una sintetica premessa con riferimento alla nuova normativa sul processo telematico.

Il 19 dicembre 2012 è entrata in vigore la L. del 17 dicembre 2012, n. 221, di conversione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, la cui sezione VI, intitolata “Giustizia digitale”, contiene tra l’altro, all’art. 17, le “Modifiche alla L. Fall. e al D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270”.

La successiva L. 24 dicembre 2012, n. 228, entrata in vigore il 1° gennaio 2013, ha apportato ulteriori innovazioni:

  • ha modificato gli artt. 16 e 17 della n. 221 del 2012;
  • ha aggiunto l’art. 16-bis rubricato “obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali” il quale prevede che, a decorrere dal 30 giugno 2014, il deposito degli atti e dei documenti deve avere luogo esclusivamente con modalità telematiche (nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici) e stabilisce che, nelle procedure concorsuali, tale obbligo si applica esclusivamente al deposito effettuato da curatore, commissario giudiziale, liquidatore, commissario liquidatore e commissario straordinario.

Ai fini dell’applicabilità delle nuove disposizioni in materia telematica, il novellato art. 17 della L. n. 221 del 2012 prevede una significativa distinzione tra procedure (di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria) pendenti.

Ciò che rileva ai fini della diversa applicazione normativa è il momento in cui è stata effettuata la comunicazione da parte del curatore (o degli altri organi delle procedure) ai creditori (ex artt. 92, 171, 207 l.fall. e art. 22 comma 4, D.Lgs. n. 270 del 1999).

In particolare, la norma distingue tra:

  1. procedure pendenti nelle quali, alla data del 19 dicembre 2012 (entrata in vigore della Legge) non sia stata effettuata la comunicazione suddetta. A questa ipotesi risultano applicabili le nuove disposizioni a partire dalla data di entrata in vigore della legge stessa, (in particolare, come di seguito meglio specificato, il creditore è tenuto a insinuarsi al passivo con ricorso da trasmettere a mezzo p.e.c. al curatore e non mediante deposito in cancelleria);
  2. procedure pendenti ove, al 19.12.2012 la comunicazione sia già stata effettuata. In questo secondo caso le nuove disposizioni si applicano solo dal 31 ottobre 2013. In aggiunta, la norma specifica che, entro il 30 giugno 2013 il curatore e gli altri organi delle procedure, devono comunicare ai creditori (e ai terzi titolari di diritti sui beni) il loro indirizzo p.e.c., invitandoli a comunicare a loro volta, entro tre mesi, l’indirizzo p.e.c. al quale intendono ricevere le comunicazioni relative alla procedura. Inoltre, il curatore li avverte espressamente del fatto che, in caso di omessa indicazione dell’indirizzo p.e.c., le comunicazioni verranno eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria.

Infine, l’art. 17, comma 2-bis, stabilisce un ulteriore obbligo a carico del Curatore (e degli altri organi delle procedure) consistente nella comunicazione al Registro delle Imprese (entro dieci giorni dalla nomina) del proprio indirizzo di p.e.c. per ciascuna procedura concorsuale.

La ratio della norma è quella di garantire la conoscenza (o quantomeno la conoscibilità) dell’indirizzo della procedura concorsuale anche ai soggetti che non abbiano ricevuto la prevista comunicazione.

Alla luce del quadro normativo sopra ricostruito, si può constatare come la nuova disciplina in materia di processo telematico abbia fortemente inciso sulle comunicazioni relative agli atti delle procedure concorsuali. Si riportano di seguito gli artt. 92 e 93 l.fall. come modificati.

L’art. 92 l.fall., con riferimento all’avviso che il curatore è tenuto a inviare senza indugio ai creditori ed agli altri interessati, stabilisce l’obbligo di effettuare detta comunicazione a mezzo posta elettronica certificata. Solamente nel caso in cui il destinatario non sia dotato di indirizzo p.e.c. e questo non risulti dal Registro delle Imprese ovvero dall’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INIPEC) delle imprese e dei professionisti, l’avviso può essere effettuato con le modalità tradizionali (lettera raccomandata o telefax presso la sede dell’impresa o la residenza del creditore).

Il contenuto dell’avviso del curatore deve indicare ai creditori:

1) che possono partecipare al concorso trasmettendo domanda con le modalità indicate nell’articolo seguente (art. 93 l.fall. novellato);

2) la data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate le domande;

3) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda nonchè la sussistenza dell’onere di indicare nella domanda il proprio indirizzo p.e.c. al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura (come disposto dall’articolo 93, terzo comma, n. 5) unitamente all’avvertimento che, in difetto di indicazione della propria p.e.c., tutte le comunicazioni del curatore sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria (come previsto all’articolo 31-bis, secondo comma);

4) l’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore stesso.

Per quanto riguarda la domanda di ammissione al passivo, il successivo art. 93 l.fall. (anch’esso novellato), prevede tra l’altro che:

  • la domanda di ammissione al passivo di un credito, si propone con ricorso, da trasmettere almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo (cfr. art. 93 comma 1, l.fall.);
  • il ricorso è sottoscritto anche personalmente dalla parte e formato ai sensi o dell’art. 21, comma 2 (firma digitale) o dell’art. 22 , comma 3 (scansione digitale della firma apposta sul documento cartaceo) del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e successive modificazioni
  • il ricorso deve essere tramesso all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore indicato nell’avviso di cui all’articolo 92 l.fall. (cfr. art. 93 comma 2, l.fall.)
  • il ricorso, tra l’altro deve contenere l’indicazione del proprio indirizzo di posta elettronica certificata, al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura, le cui variazioni é onere comunicare al curatore (cfr. art. 93 comma 3, n.5))
  • l’art. 93 l.fall., comma 5, l.fall. prevede inoltre che se è omessa l’indicazione del proprio indirizzo p.e.c. di cui al terzo comma, n. 5), nonchè nei casi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario si applica l’articolo 31-bis, secondo comma e quindi tutte le comunicazioni del curatore sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria
La motivazione del giudice di Legittimità

Sulla base della novellata normativa sopra riportata, la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza in esame, ha rilevato che:

  1. le nuove modalità telematiche di partecipazione al procedimento di accertamento del passivo devono essere ritenute vincolanti tanto per i creditori (nel proporre l’istanza di ammissione al passivo), quanto per il curatore (nel dare avviso ai creditori e nel comunicare il proprio indirizzo p.e.c.). In caso contrario si pone in essere una disparità di trattamento nel medesimo procedimento.
  2. nelle procedure fallimentari nelle quali, alla data del 19 dicembre 2012 il curatore non abbia ancora effettuato l’avviso, il creditore è tenuto, ai sensi dell’art. 93, comma 2, l.fall. a trasmettere il ricorso contenente la domanda di ammissione al passivo, all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore indicato nel predetto avviso, ai sensi della L. Fall., art. 92, comma 1, n. 4). Diversamente, nelle procedure fallimentari nelle quali, alla data del 19 dicembre 2012, l’avviso del curatore sia stato già effettuato secondo le modalità anteriormente vigenti, il curatore ha l’obbligo di comunicare il proprio indirizzo p.e.c. con apposito avviso da inviare a creditori e terzi interessati entro il 30 giugno 2013 (invitandoli a comunicare il loro indirizzo di posta elettronica certificata entro i tre mesi successivi, ai sensi della L. n. 221 del 2012, art. 17, pena il perfezionamento delle successive comunicazioni mediante deposito in cancelleria, ai sensi dell’ art. 31-bis, comma 2, l.fall. Inoltre dal 31 ottobre 2013, i creditori e terzi interessati sono tenuti a trasmettere il ricorso contenente l’eventuale domanda tardiva ex art. 101 l.fall. all’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato dal curatore.
  3. il mancato rispetto della forma telematica di trasmissione della domanda di insinuazione al passivo determina la improcedibilità della stessa, fatti salvi gli effetti della sanatoria dell’atto per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c., qualora la domanda sia comunque pervenuta al curatore, sia stata da questi inserita nel progetto di stato passivo, completa della documentazione allegata, e sia stata esaminata, nel contraddittorio di rito con tutti i creditori e terzi interessati, all’udienza di discussione dello stato passivo.
  4. infine, qualora il curatore non adempia all’obbligo di comunicare il proprio indirizzo p.e.c., la domanda depositata dal creditore in cancelleria, non può essere dichiarata irricevibile, salvo che la parte interessata non dimostri la conoscenza o conoscibilità dell’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore, che abbia assolto l’obbligo di comunicare al Registro delle Imprese, entro dieci giorni dalla nomina, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata.

Alla luce di quanto precede, la Corte di Cassazione ha censurato la decisione del Tribunale che aveva dichiarato inammissibile la domanda di insinuazione allo stato passivo in quanto effettuata con deposito in cancelleria e non via p.e.c. al curatore, senza attribuire rilevanza al mancato rispetto dell’altrettanto importante obbligo imposto al curatore di comunicare il proprio indirizzo p.e.c. ai creditori, ritenendo, tra l’altro, sufficiente la trasmissione dell’indirizzo al Registro delle Imprese.

Tale motivazione è stata ritenuta, dal Giudice di Legittimità incongruente. Il Decreto impugnato è stato quindi cassato con rinvio al Tribunale competente ai fini del riesame della causa alle luce dei principi di diritto enunciati.

 

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