Art. 366 – Modifica all’articolo 147 del Testo unico in materia di spese di giustizia

Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza
Decreto Legislativo12/01/2019 n. 14Fonte: GU n.38 del 14-2-2019

1. L’articolo 147 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è sostituito dal seguente:

«Art. 147 (L) (Recupero delle spese in caso di revoca della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale). – 1. In caso di revoca della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, le spese della procedura e il compenso del curatore sono a carico del creditore istante quando ha chiesto con colpa la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale; sono a carico del debitore persona fisica, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale. La corte di appello, quando revoca la liquidazione giudiziale, accerta se l’apertura della procedura é imputabile al creditore o al debitore.». 2. Le disposizioni dell’articolo 147 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, come sostituito dal comma 1, si applicano anche in caso di revoca dei fallimenti adottati con provvedimento emesso a norma dell’articolo 18 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Relazione Illustrativa Art. 366
La norma prevede che in caso di revoca del fallimento le spese della procedura, compreso il compenso del curatore, siano poste a carico del creditore istante, anche se non condannato ai danni, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di fallimento. La disposizione mira dunque a stabilire un criterio chiaro di individuazione del soggetto tenuto a farsi carico di tali spese e ad agevolare il curatore, il quale non ha titolo per partecipare personalmente al giudizio di reclamo, nel recupero del compenso liquidatogli dal tribunale. La disposizione, inoltre, si fa carico di colmare un vuoto normativo, che genera un rilevante contenzioso con il Ministero della giustizia. Infatti, il D.P.R. n. 115 del 30.05.2002, con riferimento alle spese delle procedure revocate ed all’individuazione del soggetto onerato del pagamento del compenso al curatore, disciplina unicamente le ipotesi di responsabilità del creditore istante o del fallito. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, fuori da queste ipotesi, le spese sono poste a carico dell’Erario e sopportate esclusivamente dall'Amministrazione dello Stato (Cass. 18541/2012; Cass. 10099/2008). Tuttavia, in assenza di una norma espressa per le ipotesi di revoca del fallimento diverse da quelle espressamente contemplate dal Testo Unico sulle spese di giustizia, gli uffici giudiziari non possono provvedere al pagamento dei professionisti che, per ottenere le somme di loro spettanza, sono costretti ad instaurare una procedura contenziosa destinata inevitabilmente a concludersi sfavorevolmente per l’Amministrazione, con ulteriore aggravio di interessi e spese. La norma in esame prevede perciò in modo espresso che, nelle ipotesi di revoca del fallimento per causa non imputabile né a colpa del creditore ricorrente né a responsabilità del fallito, il compenso del curatore fallimentare è posto direttamente a carico dell’Erario, con pagamento diretto da parte dell’ufficio sulla base del decreto di liquidazione emesso dal tribunale che ha aperto la procedura. Relazione illustrativa al Codice della crisi e dell'insolvenza

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