L’attribuzione della competenza non già al tribunale del luogo ove l’impresa abbia la propria sede legale, bensì al tribunale sede delle sezioni specializzate in materia di imprese rappresenta certamente una prima novità.
Del pari nuova appare la volontà del Legislatore di individuare detto tribunale facendo riferimento al “centro degli interessi principali” del debitore.
A tale riguardo occorre chiarire che la definizione di “centro degli interessi principali” ([1]) è contenuta nell’ultimo comma dell’art. 27 del CCI ([2]) – norma di cui non è prevista l’immediata entrata in vigore – ove viene definito il “centro di interessi” in ragione della categoria di appartenenza del debitore e individuato attraverso il ricorso a presunzioni che la stessa relazione illustrativa al CCI definisce assolute (dunque insuscettibili di prova contraria).
In particolare per quanto concerne le persone giuridiche la norma stabilisce che il centro degli interessi principali coincida con la sede legale risultante dal registro delle imprese. Solamente in mancanza di una sede legale il centro degli interessi principali sarà individuato sulla base della sede effettiva dell’attività abituale. Laddove poi anche tale sede dovesse risultare sconosciuta soccorrerà un terzo criterio legato alla figura del legale rappresentante.
Inutile rilevare che sino a quando non sarà entrato in vigore l’intero complesso di norme contenuto nel CCI (e quindi anche l’ultimo comma dell’art. 27), il primo comma dell’art. 27 farà inevitabilmente espresso riferimento ad un concetto (il “centro degli interessi principali”) che da un punto di vista strettamente normativo non avrà ancora raggiunto piena dignità, se non altro per il fatto che il comma dell’art. 27 che ne definisce il contenuto è previsto entri in vigore decorsi diciotto mesi dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La conseguenza immediata di tale disallineamento pare potersi ricondurre ad una possibile maggiore elasticità nell’esatta determinazione del tribunale competente in tutti quei casi in cui la sede legale dell’impresa soggetta ad amministrazione straordinaria non coincida con la sede “effettiva” della società. In tali ipotesi si ritiene che non possa escludersi una perdurante applicazione di quella corrente giurisprudenziale che individua la sede principale dell’impresa nel luogo in cui si svolge effettivamente l’attività direttiva ed amministrativa e dove vengono dunque individuate e decise le scelte strategiche cui dare seguito.
Ed infatti, pur non potendosi dubitare della rilevanza sotto il profilo interpretativo che l’ultimo comma dell’art. 27 può assumere ai fini della corretta applicazione del primo comma del medesimo articolo, rimane il fatto che l’individuazione del “centro degli interessi principali” appare oggi rimessa ad una libera interpretazione da parte del singolo tribunale (che, fermo restando quanto precede, non sarà ancora vincolato ad applicare una norma non ancora in vigore).
([1]) Il concetto di “centro degli interessi principali” o COMI (centre of main interest) è stato introdotto dalla normativa europea in occasione del Regolamento 1346/2000 e successivamente ripreso dal Regolamento 848/2015.
([2]) A norma del quale “Il centro degli interessi principali del debitore si presume coincidente: a) per la persona fisica esercente attività di impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell’attività abituale; b) per la persona fisica non esercente attività d’impresa, con a residenza, il domicilio e, se quasi sono sconosciuti, con l’ultima dimora nota, o in mancanza, con il luogo di nascita. Se questo non è in Italia, la competenza è del Tribunale di Roma; c) per la persona giuridica e gli enti, anche non esercenti attività di impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell’attività abituale, o, se sconosciuta, secondo quanto previsto nella lettera b), con riguardo al legale rappresentante.”