La Corte Costituzionale ammette la falcidia dell’IVA anche nell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Giurisprudenza | Categorie: Accordi di ristrutturazione dei debiti, Codice della Crisi e dell'Insolvenza, Sovraindebitamento | Corte Costituzionale, 29/11/2019 n. 245

Massima

La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità dell’ art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge 27 gennaio 2012, nella parte in cui nega al debitore sovraindebitato la possibilità di prospettare nell’accordo di composizione della crisi il pagamento parziale dell’IVA.

La norma in oggetto viola l’art. 3 della Costituzione, ponendo in essere un’ ingiustificata disparità di trattamento tra imprenditori non fallibili (soggetti alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento) per i quali è esclusa la falcidia dell’IVA e quelli legittimati a proporre il concordato preventivo verso i quali è invece consentito il pagamento parziale.

Le due procedure in questione rispondono alla medesima finalità di limitare il ricorso a procedure esclusivamente demolitorie, garantendo, in via anticipata, ai creditori una soddisfazione anche solo parziale governata dalla par condicio nonché, al contempo, al debitore di godere della esdebitazione senza attendere il corso della liquidazione e pertanto devono prevedere la medesima disciplina anche con riguardo alla falcidia dell’IVA.

(massima a cura della Redazione Crisi&insolvenza)

In Sintesi

Con Sentenza n. 245 del 29 novembre 2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’ art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge 27 gennaio 2012, n. 3 che, con riferimento all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento esclude che il debitore possa prevedere non solo la dilazione del pagamento dell’IVA ma anche il la riduzione dello stesso.

Per meglio comprendere la decisione della Corte è opportuno ricordare che, la falcidia dell’IVA, risulta ammessa (in quanto non espressamente negata) con riferimento, tra le altre, alla procedura di concordato preventivo (cfr. artt. 182-ter e 160 l.fall), alla quale possono accedere soltanto gli imprenditori fallibili (e quindi non quelli soggetti alla legge n. 3/2012).

La norma che esclude la falcidiabilità dell’IVA nell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, verso la quale il Tribunale di Udine ha sollevato questione di legittimità costituzionale (per violazione degli artt. 3 e 97 Cost.), determina, secondo la Corte, un’ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni in realtà omogenee ponendosi in contrasto con l’art. 3 della Costituzione. Ciò in ragione del fatto che, tanto la procedura di concordato preventivo, quanto quella da sovraindebitamento tendono alla medesima finalità di limitare il ricorso a procedure esclusivamente demolitorie e garantire, in via anticipata, ai creditori una soddisfazione anche solo parziale, governata dalla par condicio nonché, al contempo, al debitore di godere dell’ esdebitazione senza attendere il corso della liquidazione. Dette procedure lasciano infatti al proponente la libertà di predisporre la parziale soddisfazione dei crediti muniti di privilegio, compresi quelli tributari, differenziando tuttavia, in maniera ingiustificata, il trattamento relativo all’IVA.

Come dispone l’art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge 27 gennaio 2012, n. 3 (in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento),”con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell’unione europea, all’ imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Conseguentemente, con riferimento all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitatamento l’IVA non risulta decurtabile.

Al contrario, con riguardo alla procedura di concordato preventivo, l’art. 182-ter l.fall. (come novellato dalla legge n. 232 del 2016), prevede la possibilità di decurtare qualsiasi credito tributario (tanto chirografario quanto privilegiato) senza più escludere l’IVA. La falcidia di tale credito privilegiato deve comunque essere effettuata in maniera tale da comportare la soddisfazione dello stesso in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione.

Del resto, la modifica normativa (che elimina l’esclusione dell’IVA dai crediti privilegiati decurtabili) introdotta dal legislatore nazionale, si pone in linea con il precedente orientamento della giurisprudenza comunitaria che, a partire dall’ammissibilità del pagamento parziale dell’IVA nell’ambito di un concordato preventivo (a condizione che venga garantito un miglior soddisfacimento rispetto all’alternativa liquidatoria), aveva ricavato la regola generale volta a consentire la decurtazione di qualsiasi credito tributario, qualora non fosse possibile il pagamento integrale. Il principio dettato risponde all’esigenza di ottenere il miglior prelievo possibile anche in termini di fattibilità concreta e celerità (cfr. Corte di Giustizia U.E., 7 aprile 2016 c.d. Sentenza Degano Trasporti).

Anche la Corte Costituzionale, con la Sentenza in commento, conferma la possibilità di decurtare qualsiasi credito tributario, inclusa l’IVA , in tutte le procedure concorsuali che consentano una soluzione negoziata dell’insolvenza (compresa quella da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3 del 2012) a prescindere dai profili di soggettivo accesso all’una o all’altra procedura.

La Corte ritiene infatti che l’art. 182-ter l.fall. non detti una specifica regola che possa, in via di eccezione, derogare ad un principio generale. Al contrario, la norma esprime, in relazione alle pretese tributarie, la regola generale della falcidiabilità dei crediti privilegiati, prevista dall’art. 160, comma 2, l.fall. in tema di concordato preventivo. Quest’ultimo principio deve inoltre ritenersi espressione tipica delle procedure concorsuali, maggiori o minori, con finalità esdebitatoria, tanto da risultare replicato anche per gli strumenti di definizione anticipata delle situazioni di sovraindebitamento ai sensi della legge n. 3 del 2012.

In aggiunta, la decisione dalla Consulta che dichiara l’illegittimità della norma volta ad escludere la falcidiabilità dell’IVA, garantisce i principi di buon andamento ed economicità verso i quali è improntata l’azione della Pubblica Amministrazione, ai sensi dell’art. 97 Cost.. La previsione censurata priva infatti la P.A. della possibilità di valutare il livello concreto di soddisfacimento del proprio credito rispetto all’alternativa liquidatoria.

Da ultimo si evidenzia che, l’opportunità di consentire la decurtazione dell’IVA, è confermata anche dalle disposizioni (in vigore a partire dal mese di agosto 2020) del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs n. 14/2019). La Riforma ammette, anche con riferimento alle procedure da sovraindebitamento, la falcidia dei crediti privilegiati, compresi quelli di natura tributaria.

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