Revocatoria fallimentare e prova per presunzioni

Giurisprudenza | Categoria: Revocatoria fallimentare | Cassazione civile - Sez. I, 12/11/2019 n. 29257

Massima

In tema di revocatoria fallimentare (ai sensi dell’art. 67, comma 2 L.Fall.), la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere effettiva, può essere provata anche mediante indizi e fondata su elementi di fatto, purchè idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettività.

La prova per presunzioni operata dal giudice deve basarsi su un rigoroso ragionamento presuntivo composto da due fasi logiche: 1) la valutazione analitica dei singoli elementi indiziari; 2) la valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi che devono risultare concordanti.

Allorquando sia in contestazione il rigore del ragionamento presuntivo che il giudice
deve operare ai sensi dell’art. 2729 c.c., occorre verificare che l’apprezzamento dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dalla legge, sia stato ricavato dal complesso degli indizi, sia pure previamente individuati per la loro idoneità a produrre le inferenze che ne discendano secondo il criterio dell’id quod prelumque accidit e che non sia stato omesso l’esame di un fatto secondario, dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale, purchè decisivo.

(massima a cura della Redazione Crisi&insolvenza)

In sintesi

Nell’Ordinanza in esame la Corte di Cassazione affronta il tema dell’ammissibilità della revocatoria fallimentare (ai sensi dell’art. 67, comma 2 L.Fall.) mediante prova per presunzioni della conoscenza dello stato di insolvenza del debitore (da parte del terzo contraente).

Alcune disposizioni normative stabiliscono la legittimità della valutazione delle prove per presunzioni.

In particolare, l’art. 115 c.p.c., dopo aver enunciato il principio dispositivo, al secondo comma stabilisce che il giudice possa porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, senza bisogno di alcuna prova.

Anche l’art. 116 c.p.c. risulta significativo in quanto stabilisce che la valutazione delle prove viene effettuata secondo il prudente apprezzamento del giudice e che lo stesso può anche desumere argomenti di prova da determinati comportamenti delle parti.

Le prove presuntive sono poi definite dall’ art. 2727 c.c. come conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato. Il ragionamento effettuato dal giudice tuttavia deve basarsi su presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 2729 c.c.

Si rende quindi necessario individuare le modalità con cui il giudice debba effettuare il ragionamento presuntivo per ritenere provata o meno una determinata circostanza (nel caso di specie la conoscenza da parte della Banca dello stato di insolvenza del debitore al fine di accogliere la domanda di revoca del curatore delle rimesse effettuate dalla fallita sul conto corrente accesso presso la Banca stessa).

A tal proposito, la Corte ha richiamato i principi già consolidati in giurisprudenza, affermando che:”in tema di revocatoria fallimentare, la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere effettiva, può essere provata anche mediante indizi e fondata su elementi di fatto, purchè idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettività”.

La scelta degli elementi posti alla base della presunzione e il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto, “costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità”.

Ciononostante “il giudice deve esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento”.

A tal fine, il ragionamento presuntivo seguito dal giudice deve articolarsi in una prima fase volta alla valutazione analitica dei singoli elementi indiziari e, successivamente, nella valutazione complessiva degli stessi. Questi ultimi, per fornire una valida prova presuntiva, devono essere concordanti.

Sulla base dei principi richiamati, il Giudice di Legittimità ha contestato il rigore del ragionamento presuntivo effettuato dalla Corte d’Appello in quanto la stessa si è limitata ad esaminare singolarmente e non complessivamente solo tre dei numerosi elementi presuntivi rappresentati dalla curatela ritenendoli erroneamente privi di valenza indiziaria.  La motivazione resa dal giudice di secondo grado è stata ritenuta approssimativa e sommaria nonché carente di elementi indiziari fondamentali ai fini della decisione.

La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso del Fallimento e cassato la decisione della Corte d’Appello rinviando per una nuova valutazione complessiva e completa degli elementi presuntivi acquisiti.

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